Business tra imprese e Business rivolto al consumatore.

Avv. Lucia Verruso  responsabile della sede di Cervinara(AV) della Casa  del Consumatore  esperta in problematiche dei consumatori

 

B2B (Business to business) o Nel Business to Consumer per comunicare l’impresa ha più campo d’azione, molto spesso è praticamente opposta al B2B, poiché gli addetti dovrebbero seguire come un mantra il fatto che: Nel Business to Consumer ci si impone di fornire informazioni influenzando direttamente l’atteggiamento e il comportamento d’acquisto dei potenziali clienti. La differenza sostanziale con il Business to Business in termini di comunicazione sta proprio nell’influenza maggiore che questa deve esercitare nella fase di conversione da potenziale cliente a cliente. 

Il marketing approfitta del fatto che qui le nostre decisioni sono più veloci e più influenzabili Il B2B riguarda i rapporti fra aziende, dove appunto i nostri clienti sono aziende e le decisioni d’acquisto saranno su una base di analisi razionali. La nostra proposta commerciale quindi sarà valutata attentamente e razionalmente, non dovremo mai aspettarci degli acquisti d’impulso (come spesso accade nel mercato al consumo B2C). I processi decisionali per gli acquisti in questo settore sono complessi e spesso riguardano diversi reparti e molte persone nei casi di imprese strutturate. Fin dal 1992 l’Antitrust è stata chiamata dal legislatore a reprimere la pubblicità ingannevole, diffusa con qualsiasi mezzo: tv, giornali, volantini, manifesti, televendite. Dal 2000 ha iniziato a valutare anche la pubblicità comparativa. Solo nel 2005 tuttavia è stato riconosciuto all’Autorità il potere di imporre multe. Nel 2007, nel dare attuazione  ad una direttiva europea (29/2005/CE), le competenze sono state ampliate: è stata introdotta la tutela del consumatore contro tutte le pratiche commerciali scorrette delle imprese nei confronti dei consumatori. Se un’impresa tenta di falsare le scelte economiche del consumatore, ad esempio, omettendo informazioni rilevanti, diffondendo informazioni non veritiere o addirittura ricorrendo a forme di indebito condizionamento, l’Antitrust può intervenire anche in via cautelare e imponendo sanzioni che, per le pratiche messe in atto a partire dal 15 agosto 2012, possono arrivare a 5 milioni di euro (il precedente tetto massimo era di 500.000 euro). La tutela contro le pratiche scorrette si estende, per effetto della legge di conversione del decreto legge 1/2012 (c.d ‘CresciItalia’) anche alle microimprese, cioè alle entità, società o associazioni, che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un’attività economica (anche a titolo individuale o familiare), occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato o un totale di bilancio non superiori ai due milioni di euro all’anno.

L’Antitrust può anche accertare la vessatorietà di clausole contrattuali inserite nei contratti con i consumatori, anche in via preventiva alle imprese che lo richiedano relativamente a clausole che intendono utilizzare nei rapporti commerciali con i consumatori.

A partire dal 13 giugno 2014 l’Autorità vigila sul rispetto delle nuove norme sui diritti dei consumatori previste dalla Direttiva europea 83/2011/UE recepita con D.Lgs n.21/2014.

Inoltre, l’Autorità vigila in materia di divieto di discriminazione dei consumatori e delle micro-imprese basata sulla nazionalità o sul luogo di residenza, così come previsto dalla Legge n. 161/2014.