L’incontro tra Dio e l’uomo (1° parte)

 

Roberto Battinelli  docente di Antico e Nuovo Testamento

 

Queste riflessioni, per la delicata trattazione,  saranno pubblicate in più articoli settimanali

 

L’incontro tra Dio e l’uomo è un dato fondamentale della fede cristiana ed è da sempre fissato all’interno della storia umana. Il rapporto tra rivelazione e storia affonda le sue radici nel cuore stesso del messaggio cristiano, in quanto annuncio del Verbo che si fa carne, della Parola divina che trascende la storia ma che nello stesso tempo la compenetra profondamente. 

Rivelazione

Il concetto di rivelazione non è terminologicamente fissato nella bibbia, è un concetto complesso che abbraccia azioni e realtà diverse tra loro, anche se ovviamente, tutte all’interno di un quadro comune: la convinzione, cioè, di un messaggio che proviene dalla libera iniziativa di Dio. La parola ebraica più frequente per indicare il termine rivelazione è il verbo galah, inteso come ‘aprire gli occhi’, ‘aprire le orecchie’. Galah fa riferimento a quella relazione tra Dio e l’uomo dove Dio prende l’iniziativa di porsi di fronte all’uomo perché questi ascolti la sua parola. Il verbo aprire, usato non riflessivamente, è attivo e transitivo per cui l’azione coinvolge un altro soggetto. La relazione Dio-uomo nasce dall’iniziativa di Dio che pone fine alla condizione di isolamento dell’uomo, ma allo stesso tempo il verbo indica un agire vicendevole: «l’atto dell’aprire è contemporaneo all’atto del vedere. Dio apre gli occhi e l’uomo vede. Due soggetti e due azioni, che sono tali solo reciprocamente»

La parola galah viene tradotta poi in greco con ¢pok£luyij e successivamente in latino con revelatio; questi due termini fanno riferimento all’atto che porta all’evidenza una realtà nascosta. Letteralmente rivelazione significa togliere il velo che nasconde qualcosa. Teologicamente con rivelazione* si indica la manifestazione che Dio fa agli uomini del proprio essere e di quelle altre verità necessarie o convenienti per la salvezza. Detto in altra maniera, la rivelazione divina è un parlare di Dio agli uomini (locutio Dei ad homines). Dio viene incontro all’uomo e si fa conoscere in modo gratuito invitandolo ad un’intima comunione con Lui, mediante un rapporto di amicizia: «Dio invisibile, nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici, e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (DV 2) Pertanto, senza ombra di dubbio alcuno, la forma più alta della rivelazione è costituita dal momento in cui Dio comunica con l’essere umano attraverso gesti e parole intimamente connessi (DV 2)

* Alcune distinzioni usuali nella manualistica cattolica: rivelazione in senso soggettivo (l’azione di Dio che manifesta se stesso e i suoi disegni misteriosi); rivelazione in senso oggettivo (il contenuto della rivelazione, le verità rivelate); rivelazione naturale (mediante le opere create l’uomo può conoscere Dio così come si riconosce un artista dalla sua opera); rivelazione soprannaturale (viene direttamente da Dio: è un tipo di conoscenza che l’uomo non può acquisire con le sue sole forze e, per questo, è detta soprannaturale); si parla ancora di rivelazione storica, escatologica, pubblica, privata ecc.

Rivelazione attraverso le opere

«Dio nella sacra scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana» (DV 12) La rivelazione divina è Parola di Dio, però è anche – e inseparabilmente – evento, manifestazione e realizzazione del piano di Dio lungo la storia. Dio si mette in comunicazione con gli uomini, si fa conoscere e talvolta quando si rivela chiede una risposta. Puntualmente all’origine dei nuovi eventi e di realtà diverse vi è Dio che parla. Così l’esistenza del cosmo è dovuta alla parola creatrice di Dio (Gen 1). Anche al principio delle grandi tappe della storia del popolo ebreo è Dio che parla per primo: ad Abramo (Gen 12,1-3); a Mosè (Es 3,4); a Israele quando questi si impegna con Yahweh nell’alleanza sinaitica (Es 19,3); ecc.

L’incontro di Dio con l’uomo si realizza per mezzo della storia, cioè per mezzo di fatti,  avvenimenti e azioni che successivamente vengono spiegati per mezzo di parole. Ad esempio, sul Sinai Dio comincia a pronunciare il suo nome davanti al popolo: «Io sono il Signore, tuo Dio»; e prima di dare i Comandamenti nelle Tavole della legge, gli ricorda: « Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù » (Es 20,2), questo ci permette di comprendere come Dio per spiegare il suo nome, cioè per rivelare chi è, non ricorre ad un concetto o ad una disquisizione intellettuale complicata e misteriosa circa la propria natura, ma fa riferimento alla sua azione, recentemente compiuta della liberazione dalla schiavitù. La rivelazione autentica è una storia di avvenimenti, non un fatto isolato. La storia umana presentataci dal testo biblico non è rivelatrice di per se stessa, ma viene accompagnata dalla parola che chiarisce il significato di quello che si va verificando, un esempio è la condotta di Gesù quando lava i piedi ai suoi discepoli nell’Ultima Cena. Gesù prima agisce poi spiega il suo gesto:

« Quando ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi » (Gv 13,12-17)

Nella narrazione biblica si scopre non solo il carattere unico di un avvenimento storico, ma anche il valore permanente di quello che Dio ci insegna con questo avvenimento.

 

………….il seguito  nel  prossimo articolo