La pizza parte dal cornicione

Pasquale Nusco, cultore della materia Pizza
Un Sabato mattina esco di casa senza una meta geografica ma culinaria, mangiare una pizza.Verso ora di pranzo mi trovo nei pressi della Rotonda Maradona.Chissà se Maradona lo sa che in provincia di Napoli, a Villaricca, ai confini con Giugliano e Marano, verso Licola, c’è una rotonda dedicata a lui.
Giro  per la Via Consolare Campana e al civico 227 trovo una pizzeria. C’è parcheggio proprio davanti al locale. Entro,  non trovo nessun cliente seduto ai tavoli, ma solo un Signore che accoglie i clienti. Sono appena le ore 13, l’ora ideale per andare in pizzeria: non c’è folla, non si fanno file, il personale si dedica a te e si possono scambiare quattro chiacchiere con il pizzaiolo. Inizio a scambiare due chiacchiere con un signore con un fisico e l’aria di un lottatore, è Gennaro, il pizzaiolo, colgo da subito la  passione e competenza per il suo mestiere. Nelle mie esperienze senza meta, appunto come esploratore di pizze, non sono solo mi faccio accompagnare dalla mia consorte. Ordiniamo tre pizze : : la Montanara fritta, ma ripassata in forno, con sugo di pomodoro San Marzano e Fiordilatte di Agerola, da dividere in due e da mangiare come antipasto al posto delle solite fritturine; una pizza con Genovese e Fiordilatte  di Agerola per me (sono venuto apposta per questa) e una con Pomodorini del Piennolo gialli del Vesuvio con Provola di Agerola.

Ai primi morsi comprendo che sono davanti ad una pizza fatta a mestiere. Scambio, quindi, due chiacchiere con il pizzaiolo, Gennaro Primicerio, che con orgoglio ci parla della sua arte bianca.
Ci racconta che usa prodotti di primissima qualità che espone , con orgoglio, sugli scaffali della sua pizzeria, una farina proveniente da un Mulino del nord (è l’unica deroga all’uso di prodotti tipici del territorio napoletano), che lui ha selezionato personalmente e che preferisce a tutte le altre farine, dei tempi di lievitazione dei suoi impasti (che vanno dalle 36 alle 48 ore, e noi siamo fortunati, perché le pizze che ci serve sono quelle delle 48 ore), della notevole idratazione delle sue pizze (70%) che le rende soffici, digeribili, con i cornicioni alti e cavernosi. Poi mi dice tre cose che mi colpiscono particolarmente: 1) che il mestiere del pizzaiolo non è più quello di una volta, quando si improvvisava e si andava a occhio: oggi, mi dice, il pizzaiolo deve essere come il pasticciere: deve programmare e misurare ad arte e al millesimo di grammo e di temperatura tutti gli ingredienti; 2) che lui, quando prepara l’impasto, deve restare rigorosamente solo, come sogliono fare tutti gli artisti e gli artigiani di estro e di valore; 3) che oltre a essere pizzaiolo e imprenditore nella sua pizzeria, è anche docente di pizza e insegna ai giovani la sua arte. Ai consumatori chiede di fare attenzione al cornicione che si deve presentare con fori all’interno. Tutto questo, a conferma che sono finiti i tempi dell’ “impasta e inforna” e che oggi, fare le pizze, oltre a essere un mestiere, è una vera scienza.