La tradizione dei “Fuochi di Sant’Antonio”

Ogni anno il 17 gennaio Napoli ritrova la festa di Sant’Antonio con i fuochi, i cippi, che si organizzano nei quartieri della Città.

La festa ha perduto il racconto della sua tradizione che risale alle origini della cultura popolare. Il fuoco purifica, porta luce, riscalda, raccoglie. L’immagine di Sant’Antuono è la figurazione di tanti volti dall’origine della civiltà fino alla moderna città, a partire dal mito di Prometeo. Sant’Antonio lo ricorda, per aver “rubato” il fuoco dall’inferno agli uomini, catturandolo nel suo bastone, la ferula dei sacerdoti, chiamata anche il tirso nell’antichità, identificativo di riti dionisiaci. Il fuoco è delle passioni, va acceso e va tenuto a bada. Il fuoco purifica, risana. Al fuoco sono affidati tutti i riti di passaggio dal vecchio al nuovo, della liberazione dal male per il bene, dalla malattia alla salute, dall’inferno delle passioni alla comunità sociale, dell’illegalità e della prepotenza alla costituzione di relazioni e di legami sociali per il bene comune. È quest’ultimo passaggio che vogliamo sia il motivo simbolico dei fuochi di Sant’Antonio del 17 gennaio di quest’anno, per “appicciare” il vecchio e il male, la violenza e la stupidità.

I fuochi di Sant’Antuono siano perciò i fuochi della legalità in risposta a chi, come a Castellamare, ha voluto accendere il fuoco contro chi si è sottratto alla legge della prepotenza della criminalità. La camorra è un gioco d’azzardo con un capo che ne interpreta le regole. È un gioco che deve finire, si chiami anche “sistema”, è un sistema che deve finire. Napoli è tutta n’ata storia.

È il momento di fargli “nu belle Sant’Antuono”, che a Napoli significa anche dare una lezione. Una cosa vecchia va bruciata per sanare questa città da tutto quello che ne offende la bellezza. La prepotenza viene dalla stupidità, fa il prepotente chi non sa parlare, usa le mani chi non sa aprire bocca per spiegare e non usa le orecchie per sentire, chi usa le armi perde la ragione.

Il fuoco è la potenza del cambiamento, bisogna averlo dentro, con misura, secondo quel detto di Eraclito: Questo cosmo ne alcuno degli dei lo fece ne alcuno degli uomini, ma fu sempre ed è e sarà, fuoco di eterna vita, che si accende con misura e si spegne con misura.