Pisello Centogiorni del Vesuvio: una storia ricominciata da mezzo chilo di semi

Stava quasi per scomparire, il Pisello Centogiorni del Vesuvio, denominato così perché ci impiega, mediamente, cento giorni a maturare, dalla semina, che avviene a ottobre/novembre, alla raccolta, che si effettua verso marzo/aprile, a seconda delle caratteristiche dei terreni dislocati nelle varie località che costeggiano i fianchi del vulcano.

Ma poi, un manipolo di agricoltori coraggiosi, raggruppati intorno alla Condotta dello Slow Food Vesuvio, lo ha recuperato e rilanciato, riportandolo, sia pure in uno spazio di nicchia, sulle nostre tavole.

Negli anni ’70, nel circondario del Vesuvio, vi erano ancora 500 ettari di terreno coltivato a Pisello Centogiorni, un legume tipico che si coltivava nel territorio vesuviano da oltre cento anni e che era il il re indiscusso della pasta e piselli (freschi) alla napoletana.

Ma come tutte le specialità agricole tradizionali e locali, la sua coltivazione e la sua raccolta (rigorosamente manuale) richiedevano impegno, fatica e sacrificio, e le sue rese erano basse. Per cui, sia a causa del consumo del territorio, che sacrificava l’agricoltura all’espansione dell’edilizia, sia perché veniva soppiantato da varietà di piselli a resa assai maggiore e di più facile coltura, esso, a partire dagli anni ’80, si avviò verso l’ estinzione, facendo mancare al vulcano partenopeo un’altra delle biodiversità che lo caratterizzavano.

Per fortuna, però, un paio di anna fa, a un gruppo ristretto di eroici agricoltori vesuviani che fanno rete intorno alla Montagna (così viene chiamato, affettuosamente, il Vesuvio da chi abita nelle sue vicinanze), grazie anche all’impegno investigativo, creativo e divulgativo e al coordinamento dello Slow Food Vesuvio e alle sue tre moschettiere (Maria Lionelli, la fiduciaria, Patrizia Spigno, l’agronoma, e Marina Alaimo, la giornalista enogastronomica), venne l’idea di reimpiantare il legume e di ridare vita alla specialità del Pisello Centogiorni. E fu così che si divisero mezzo chilo di semi, ritrovato negli orti di alcuni contadini di Trecase che lo coltivavano ancora per l’autoconsumo, in forza del quale ripresero la produzione del fresco e saporito legume vulcanico.

La scommessa fu vinta, il Pisello Centogiorni fu riportato in vita e subito ebbe consensi e riconoscimenti da parte dei buongustai, fino all’istituzione, nell’ottobre del 2018, del Presidio Slow Food del Pisello Centogiorni.

Nel corso dello svolgimento del Mercato della Terra Vesuvio di domenica 7 aprile 2019, promosso e organizzato dallo Slow Food Vesuvio, che si tiene ogni prima domenica del mese nell’ampia e accogliente Piazza Vargas di Boscoreale, sono stati presentati e offerti in vendita ai consumatori, da alcuni degli agricoltori associati al Presidio (Vera Verrone di “Antica Trochlea” di Pollena Trocchia, Vincenzo Egizio dell’omonima azienda agricola/biologica di Brusciano, Alberto Aliberti di “Contadini Vesuviani” di Trecase e Simona Briganti di “Villa Mazza al Vesuvio” di Torre del Greco), i Piselli Centogiorni della raccolta in corso.

Inutile dire che sono andati a ruba e che già alle 11 del mattino erano scomparsi dai banchetti dei venditori. Però, non sono mancate le degustazioni “a crudo” del legume fresco. Si, perché il Pisello Centogiorni è così tenero e dolce che si può assaporare anche crudo. Ovviamente, quando è cucinato, richiede cotture brevi per conservarne, al contatto con il palato, la freschezza e la dolcezza. Il suo impiego principale è destinato alla preparazione della “pasta e piselli”, elaborata nella maniera più semplice possibile, per apprezzarne la fragranza, gli aromi e i sapori. Ma è ideale anche per gli abbinamenti con il pesce.

Infine, è doveroso riportare la supposizione di taluni fantasticatori, secondo i quali Hans Christian Andersen scrisse la fiaba “La principessa sul pisello” dopo aver soggiornato a Napoli. Lo scrittore danese venne nella città di Partenope nel 1834 e scrisse la famosa fiaba nel 1835 (una delle prime, a testimonianza del fatto che Napoli ha sempre stimolato l’immaginazione e la creatività degli artisti). Egli si dichiarò subito un appassionato ammiratore di Napoli e del Vesuvio e, poiché i piselli sono assenti nell’agricoltura danese, né un racconto di “principesse e piselli” è ricordato nella tradizione orale del popolo di Amleto, nasce, perciò, spontanea l’ipotesi che Andersen venisse a conoscenza dei verdi legumi col baccello proprio a Napoli.

Vuoi vedere che quel “pisello” di cui parla il favolista danese fosse proprio il Pisello Centogiorni?

 

Pasquale Nusco