Storie di Vini e Vigne: ripresa alla grande con i Barbaresco della Cantina Rizzi di Treiso

Una delle caratteristiche più affascinanti del mondo enologico è che i vini, sia pure appartenenti alla stessa denominazione, allo stesso uvaggio, alla stessa annata e allo stesso territorio, non sono mai uguali fra di loro.

Per essere chiari, bisogna introdurre due riferimenti che specificano l’origine di un vino, ricorrendo necessariamente a due termini francesi, come spesso accade nel campo dell’enologia: il terroir e il cru.
Il terroir è il territorio più ampio all’interno del quale si coltiva una certa uva e si produce un determinato vino che si fregia di una Doc, di una Docg, di una Dop o di una Igt. Il cru è il vigneto particolare nel quale viene allevata la vite che fornisce in esclusiva le uve che producono un vino, il quale è identificato con le uve di detto cru. Ovviamente, il cru fa parte del terroir e molto spesso si riferisce alla porzione più particolare di un vigneto più grande.
E qui viene il bello: i vini appartenenti a uno stesso terroir, e quindi caratterizzati da una stessa denominazione e da uno stesso uvaggio, si differenziano da un cru all’altro, da un terreno all’altro, da un’esposizione solare e di vento all’altra, da un’altitudine all’altra.

Il Barbaresco è un vino nobile del Piemonte, che si produce con uve Nebbiolo al 100%.
Il Nebbiolo è un’uva difficile da coltivare, perché, a dispetto del nome, ama il sole, ma vuole anche le forti escursioni termiche caratteristiche di un clima continentale. Nelle Langhe ha trovato il suo habitat ideale, perché questo territorio è formato da colline che garantiscono ventilazioni ed esposizioni solari adatte e in più sono composte da terreni di origini marine (si, in Piemonte, 10/15 milioni di anni fa, c’era il mare), ricchi di sedimenti che ricordano l’antichissima presenza del mare. Infatti, è qui che il Nebbiolo genera i suoi migliori vini, caratterizzati da elegante e raffinata corposità, complessità aromatica, brillante colorazione rosso-granata e predisposizione alla longevità.
La D.o.c.g. Barbaresco si produce nei territori collinari dei comuni di Barbaresco (dal quale prende la denominazione), Treiso, Neive e della Frazione San Rocco del comune di Alba.
La molteplicità e l’alternanza delle colline, favorisce la distribuzione delle coltivazioni in cru. Ogni collina ha i suoi cru e il Barbaresco sarebbe impensabile senza la diversificazione dei vigneti, che lo rendono allo stesso tempo un vino unico per territorio di provenienza e per uva di produzione, ma ricco di sfaccettature che si rilevano e si distinguono da vigneto a vigneto, da cru a cru.

La Cantina Rizzi, una delle cantine storiche del Barbaresco, prende il nome dalla Collina Rizzi di Treiso, e dall’omonimo Cru nel quale viene coltivato il Nebbiolo.
Questa azienda vitivinicola, piuttosto grande con i suoi 44 ettari di terra vitata, nacque, nel 1974, dal sogno di Ernesto Dellapiana, imprenditore torinese, che credette convintamente nel Barbaresco, lasciò la Torino industriale dell’epoca e si dedicò interamente all’allevamento delle uve langarole e, in particolare, al Nebbiolo. Ernesto può considerarsi, a tutti gli effetti, un pioniere del Barbaresco, perché ha cominciato quando non era facile produrre vino, quando non c’erano le conoscenze e le tecnologie odierne e quando, ancora negli anni ’70, nelle Langhe la maggior parte delle strade che portavano ai poderi non erano nemmeno asfaltate.
Nel corso degli anni, la Cantina Rizzi si è sviluppata e ingrandita, estendendosi su altre colline del comune di Treiso e acquisendo altri terreni e altri cru. Oggi, a dirigerla sono i figli di Ernesto, Jole Dellapiana, che cura la parte amministrativa e commerciale, ed Enrico Dellapiana, enologo, che cura la produzione vinicola, la quale annovera non solo il Barbaresco, ma anche altri vini tipici delle Langhe, come il Dolcetto, la Barbera e il Moscato. Ernesto, invece, si dedica ancora alle vigne.

Jole Dellapiana ha portato, alla prima serata di degustazioni di Storie di Vini e Vigne del 29 ottobre, la brillante serie di appuntamenti sul vino che si tiene presso l’enosteria Cap’Alice di Via Bausan in Napoli, in grado, ormai, di competere con successo con altri eventi più blasonati e condotta, con la consueta finezza e la consolidata competenza, dalla giornalista enogastronomica Marina Alaimo, tre annate di due dei suoi Barbaresco: il Nervo e il Pajorè, millesimati 2014, 2015 e 2016.
Ovviamente, Nervo e Pajorè sono due cru dei poderi di proprietà della Cantina Rizzi.
I due vini, suddivisi nelle tre annate, con un gioco di degustazione che li ha accoppiati per ogni millesimo, si sono rivelati nettari di gran classe, di elevata raffinatezza e di grande complessità gusto-olfattiva, manifestando uno spirito femminile al punto di farli paragonare a due grandi attrici del passato: il Nervo ad Audrey Hepburn e il Pajorè a Brigitte Bardot.
Naturalmente, sebbene entrambi fossero Barbaresco, si è avvertita chiaramente la differente provenienza da terreni, anzi da cru diversi, essendo le uve del Nervo coltivate su terreni più elevati in altitudine, ma piu ricchi di minerali nutritivi per la vite, mentre il Nebbiolo del Pajorè è coltivato su terreni più bassi e più poveri, per cui le radici delle piante devono andare più in profondità per nutrirsi. Queste differenze non incidono sul tasso qualitativo dei vini, ma sul corredo gusto-olfattivo e sullo spettro cromatico degli stessi.

La serata si è conclusa con la cena preparata dal padrone di casa, l’oste Mario Lombardi, titolare di Cap’Alice, che ha abbinato i Barbaresco di Cantina Rizzi a due squisite preparazioni effettuate con tre Presidi Slow Food della Campania: la Papaccella del Vesuvio ripiena e i fusilli con Pomodoro di San Marzano (presidio Antichi Pomodori di Napoli) e Salsiccia Rossa di Castelpoto.

Ma con il dessert ha voluto omaggiare il Piemonte, le Langhe e la Cantina Rizzi, servendo un dolce tipico francese, che è anche piemontese: il Bonet, il quale ha ricevuto la convinta approvazione di Jole Dellapiana che di pasticceria langarola se ne intende.

 

Pasquale Nusco