“Un’ora per cambiare”, un libro estremamente attuale

“Un’ora per cambiare”, scritto a quattro mani da Bruno Esposito e Giuseppe Terminiello, edito da Lettere Italiane Guida, è un piccolo ma prezioso libretto in cui gli autori – ingegnere elettronico, il primo; ingegnere meccanico, il secondo – attraverso una sorta di dialogo platonico tra quattro personaggi – Bruno, Dario, Giuseppe e Matteo – (prendendo spunto dal “Saggio Sulla Libertà” di John Stuart Mill) affrontano l’argomento lavoro, toccando tutti gli aspetti che lo caratterizzano.

Non manca il riferimento al licenziamento in tarda età, come è accaduto realmente a Bruno (per oltre vent’anni dirigente della Olivetti) licenziato a 51 anni e costretto a rimettersi in gioco nel mercato del lavoro a un’età in cui, in una società com’è strutturata quella italiana, se per un giovane è difficilissimo trovare lavoro, per chi ha più di cinquant’anni è quasi impossibile.

Scritto in modo semplice e diretto, il dialogo pone a confronto quattro generazioni: il cinquantenne Bruno, ingegnere elettronico; il quarantenne Giuseppe, ingegnere meccanico impiegato presso un’azienda aerospaziale; il trentenne Matteo, laureato in giurisprudenza; il ventenne Dario, figlio di Bruno, a sua volta ingegnere elettronico.

Le quattro generazioni, parlando delle reciproche esperienze lavorative (conversando anche di politica e mercati; la globalizzazione e la delocalizzazione in Cina) evidenziano come in Italia la crisi del lavoro sia conseguenza di una totale assenza di politiche mirate prima di tutto alla valorizzazione degli individui.

Man mano che il dialogo si svolge viene messo in risalto che un’azienda se vuole davvero crescere ed espandersi, oltre investire in strutture tecnologiche, deve assumere manodopera qualificata che garantisca risorse umane di formazione professionale (non solo tecnica ma anche culturale).

In sintonia con la visione di Adriano Olivetti, “la fabbrica deve essere luogo in cui formare uomini, non operai”, istruire l’individuo per svolgere una professione, unito alla crescita culturale, rappresenta un elemento trainante per la costruzione di una società civile migliore.

Nella storia, il discorso si estende agli USA, società iper-tecnologica, dove i giovani (e non solo) non hanno timore di crescere e confrontarsi con la realtà.

Crescere, tra le altre cose, significa mettere al mondo dei figli: la società americana è giovane, in quanto consapevoli di vivere in un paese che offre loro tutte le opportunità e le garanzie. Quest’ultime, necessarie per emergere e affermarsi, sono alla base per costruire ai propri figli un futuro altrettanto roseo.

Purtroppo, questo “ricambio generazionale” in Italia non avviene così facilmente.  A causa della crisi del lavoro, gli italiani fanno sempre meno figli con conseguente invecchiamento della società, delegando tale funzione di rinnovo agli immigrati che, speranzosi del futuro, non hanno timore di fare figli.

Scritto nel 2006 (due anni prima che scoppiasse la crisi economica che investì l’America per poi estendersi al mondo intero), sarebbe interessante sapere se oggi gli autori riscrivessero il dialogo così come lo impostarono all’epoca o se avessero un approccio diverso, magari più critico nei confronti del mercato americano rispetto a quello italiano. Ad ogni modo, dispiace dirlo, a distanza di dodici anni il nostro Paese non è cambiato affatto…se non in peggio.

Sarebbe interessante una versione aggiornata del dialogo. Non solo per sapere nel frattempo come è cambiato il punto di vista degli autori, ma anche per capire in base alle loro successive esperienze professionali e personali, quali alternative suggeriscono alla società italiana (dove il precariato e l’assistenzialismo tendono sempre più a radicarsi)  per ritrovare smalto e vigore in campo lavorativo e sociale.

Seppure politicamente di chiara impronta progressista (come messo in risalto da Nerio Nesi nella sua Nota al testo), personalmente penso che questo libricino meriti d’essere letto da chiunque.

Al di là dei singoli orientamenti politici, affrontare un argomento trasversale come il tema lavoro, serve a porre diversi spunti di riflessione e costruttivo confronto su una questione che mai come oggi, almeno in Italia, continua a non trovare soluzioni.

Auguro buona lettura a quanti avranno la fortuna di leggerlo, con la convinzione che non si pentiranno di avervi dedicato un’ora della propria vita…soprattutto se dopo averlo letto, percepiranno nell’animo che qualcosa sta effettivamente cambiando, anche solo in termini di pensiero!

Vincenzo Giarritiello