“Storie di Vini e Vigne” secondo appuntamento

 Si rinnova, presso Cap’Alice, via Giovanni Bausan, Napoli, l’appuntamento di “Storie di Vini e Vigne”, incontri promossi dalla giornalista enogastronomica Marina Alaimo. Nell’occasione è stato presentato Ettore Ciancico, titolare de “La Salceta”, azienda vitivinicola di Loro Ciufenna, località della Vald’Arno, in provincia di Arezzo, Toscana.

“Storie di Vini e Vigne” sono incontri attesi dagli appassionati per la caratteristica di essere molto coinvolgenti e informativi , grazie alla bravura della giornalista Marina Alaimo e agli esperti del settore . Esperti del settore iscritti alla Fivi-Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti che hanno accompagnato il confronto sui migliori vini della penisola.

Ettore Ciancico inizia la presentazione con un excursus storico per spiegare come mai in Toscana la viticultura si sia affermata e sviluppata così vistosamente. “Agli inizi del ‘700”, spiega, “a causa dei conflitti e della eterna rivalità tra le due nazioni, l’ Inghilterra aumentò i dazi sui vini della Francia, impedendone di fatto l’importazione e sostituendoli con quelli italiani. Fu così che Cosimo III de’ Medici, approfittando della contingenza storico-economica, promosse e incentivò l’impianto delle viti da vino nei territori fiorentini, istituendo, con un bando del 1716, le prime Doc della storia vinicola italiana: quella del Chianti, del Pomino, del Carmignano e della Vald’Arno di Sopra, che si rifacevano ai disciplinari delle Congregazioni dei vini di quei territori”.

“La Salceta”, quindi, che è una delle rifondatrici della Doc Vald’Arno di Sopra, non ha fatto altro che recuperare una denominazione e un disciplinare storico, risalenti a ben tre secoli fa, per rilanciarli e affermarli nella contemporaneità.
“Il vino si fa soprattutto in vigna”, afferma con decisione e con convinzione Ettore Ciancico che vinifica esclusivamente le sue uve, così come richiesto dall’associazione agli affiliati alla Fivi( Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) Gli iscritti devono essere, necessariamente, prima dei vignaioli e poi dei vinificatori e degli imbottigliatori, e, dunque, tutte e tre le cose messe insieme.

“I miei vini non conoscono il legno, perché voglio che conservino la purezza e le caratteristiche primarie delle uve dalle quali provengono, non modificate dallo stazionamento in botte”, prosegue il viticultore toscano. Ecco perché dal 2006, ho rinunciato, la produzione del Docg Chianti,il cui disciplinare della denominazione prevede il passaggio e l’affinamento nelle botti di legno. Inoltre, ho rinunciato anche al tappo di sughero, sostituendolo con quello di vetro che garantisce una maggiore stabilità del vino nella bottiglia. “Il tappo di vetro”, tiene a sottolineare, “mi costa molto più del sughero, ma il vetro garantisce neutralità e assenza di interazioni indesiderate con il vino”.

Prima di passare alle degustazioni il produttore della Vald’Arno cattura i presenti con la sua visione del vino “il vino è convivialità e socialità e va innanzitutto bevuto e mai lasciato nel bicchiere o nella bottiglia”. “Che senso ha aprire una bottiglia e non finirla?”, si chiede con veemenza Ed ancora ” che significa <<vino da meditazione>>, espressione che rimanda, inevitabilmente, a una degustazione solitaria?”. “Il compito del vino è quello di accompagnare il cibo e di stimolare la compagnia, e, perciò, non è mai quello di prestarsi a degustazioni esasperate che si esauriscono con le rimanenze nei bicchieri e i ritagli nelle bottiglie”.

La parola passa quindi ai calici e ai cinque rossi: le annate 2011, 2012 e 2013 del Ruschieto Vald’Arno di Sopra, il Ruschieto Vigna Ruschieto 2014, e il Chianti Riserva 2006, l’ultimo Chianti prodotto da “La Salceta”. I primi quattro sono prodotti, in purezza, con l’uva che caratterizza tutti i rossi importanti della Toscana: l’uva Sangiovese. Solo il Chianti Riserva è stato prodotto con l’aggiunta di un 5% di Canaiola.

In questi vini si riscontrano la filosofia e la tecnica del loro produttore: prevalenza dei profumi primari, terranei ed erbacei, e poi dei secondari, di frutta matura, da riposo in bottiglia, all’olfatto, e tannini a briglie sciolte al gusto, in particolare per quanto riguarda il Ruschieto 2011 e il Chianti 2006.

La serata si è conclusa  con l’eccellente cena ideata, preparata dall’oste anfitrione Mario Lombardi e  servita  dal suo staff.

Il Menù:

Vellutata di fagioli cannellini con funghi e castagne in pagnottella ripassata al forno,
Sfere di maialino nero casertano con pere in agrodolce,
Cestino al cacao ripieno di buonissima e dolce crema di ricotta di pecora

 

Pasquale Nusco