Giovanna Voria, la cuoca contadina cilentana, ambasciatrice della dieta mediterranea

Per arrivarci, bisogna sottoporsi a un impegnativo esercizio di guida automobilistica “fuori strada”, percorrendo un tracciato impervio e sterrato, che costeggia il fiume Alento. Ma dopo una dura prova, si arriva in una suggestiva fattoria ubicata fuori dal mondo, nel Vallone di Corbella, a Cicerale, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento.
Ad accogliere i coraggiosi avventori, c’è lei, Giovanna Voria, che con la sua pacifica ed energica sicurezza, restituisce fiducia e calore ai suoi ospiti.

La storia di Giovanna è singolare ed esemplare. Figlia di contadini, impara presto, dalla madre, che andava a fare, tra gli altri lavori agricoli, anche la mondina nelle risaie del vercellese, e dalle nonne, l’arte della cucina rurale. Ma a soli diciassette anni, si sposa e va a fare l’imprenditrice del marmo nella cittadina di Agropoli, insieme al marito.

Dopo vent’anni di onorata carriera di moglie, di mamma e di impresaria, decide di tornare ai trascorsi dell’infanzia e dell’adolescenza, rituffandosi nell’agricoltura e nella cucina contadina e avviando l’esercizio dell’Agriturismo Corbella, a Cicerale, riunendo l’ iniziale terreno di sua proprietà, situato nell’isolato Vallone di Corbella, con altri limitrofi che acquista man mano.

Ovviamente, i suoi progetti sono di ampio respiro e non si accontenta di essere un’anonima locandiera della provincia rurale. La sua curiosità, la sua intraprendenza, la sua intelligenza e la sua determinazione la portano a scavare nelle tradizioni agricole e culinarie della sua famiglia, del suo paese, Cicerale, e del suo più vasto territorio cilentano. Per questo motivo, si lancia in un’intensa operazione di recupero delle coltivazioni, delle culture contadine e delle memorie gastronomiche della cucina povera del Cilento.

Giovanna è stata colei che ha riesumato e rilanciato i Ceci di Cicerale, che si coltivavano nel territorio del paesino cilentano (il quale, nella denominazione, riporta la radice lessicale di “cece”) fin dal medio evo e la cui coltura si stava andando perdendo in favore delle varietà più produttive e più facili da coltivare. Grazie alle riscoperte e ai reimpianti di Giovanna, i Ceci di Cicerale sono successivamente diventati anche un Presidio Slow Food.
Con i ceci, Giovanna ci fa tutto: le farine, il pane, la pasta (in particolare, le lagane da abbinare ai ceci), le insalate, i timballi, le polpette, i dolci, le creme, le marmellate e perfino i liquori. Ha pure scritto un libro contenente ben duecento ricette con i ceci (“Cucinare con i ceci”, Edizioni dell’Ippogrifo, con una presentazione del critico enogastronomico de “Il Mattino”, Luciano Pignataro).

Ma la magia di Giovanna si manifesta quando cucina le erbe. Tutte le varietà di erbe commestibili diventano, nelle sue mani, manicaretti prelibati, profumati, colorati e saporiti. La sua formazione contadina e i saperi ereditati dalla mamma e dalle nonne, la portano ad essere una cuoca che privilegia i prodotti poveri della terra, rendendoli preziosi e appetibili. E proprio questa operazione di ricerca, di recupero e di rilancio della cucina meridionale a base vegetariana ha consentito alla simpatica cuoca cilentana di essere insignita del titolo di “Ambasciatrice della Dieta Mediterranea”. Chi meglio di lei poteva rappresentare la cucina mediterranea, basata su ingredienti semplici ed essenziali?

La cucina di Giovanna può non piacere a tutti, specialmente a chi, provenendo dai centri urbani consumistici, ha il palato esercitato nelle tavole calde dove si servono cibi preconfezionati, nelle paninoteche dove si compongono panini giganteschi ricchi di grassi animali e di esaltatori del gusto, nei ristoranti dove si cucinano paste ripiene di tutto e di troppo e carni stracotte e aromatizzate con un’infinità di spezie. La cucina di Giovanna si fonda su sostanze primarie ed elementari (nel senso che privilegia la fragranza e la qualità degli “elementi”, rispetto alla sovrapposizione, il più delle volte ingiustificata, degli ingredienti, dei sapori e degli aromi), come è nella tradizione contadina. E, soprattutto, lei rispetta la stagionalità e la territorialità dei prodotti, per cui nei suoi piatti non si troverà mai niente di esotico e di estraneo alla stagione in corso, ma solo la semplicità, l’essenzialità e la biodiversità della cucina rurale, rivisitata con intelligenza e creatività e con un forte spirito identitario.

 

Pasquale Nusco