Le cannazze: il piatto tipico e rituale di Calitri

Già le cronache locali del ‘700 riportavano le descrizioni di un tipo di pasta lunga e tubolare, che veniva messa ad essiccare sulle canne. Per questo si chiamano “cannazze”.

A Calitri, gli sposalizi sono una festa che può durare giorni; non a caso, Vinicio Capossela (originario del paese) , da diversi anni, organizza un evento denominato “SponzFest”, ovvero la festa degli sposi e degli sposalizi (“sponzare”, nei dialetti del profondo sud, significa “spugnare”; infatti, si “sponzano” le friselle e il baccalà ; un uomo e una donna, invece, unendosi in matrimonio, si predispongono a “spugnarsi”, ovvero a “sponzarsi” reciprocamente!).

Ovviamente, il piatto principe di una festa degli sposi, non può essere che quello composto dai “maccheroni della zita” (la “zita”, nei dialetti meridionali, è la sposa), ovvero gli ziti (anche lo sposo è uno zito), ovvero quella pasta che in dialetto calitrano è denominata “cannazze”.

Da maccheroni degli sposalizi, le cannazze sono diventate, per ogni famiglia calitrana, anche la pasta della domenica e dei giorni di festa. La domenica, un vero calitrano non si siede a tavola se non ci sono le cannazze!

Oggi, le cannazze che cucinano i calitrani, sono i mezzi ziti spezzati (rigorosamente a mano), detti anche “mezzani”.
Essi sono conditi con un ragù particolare, che solo a Calitri sanno fare. È inutile tentare di ripeterlo altrove: se non si è calitrani e se non lo si cucina in loco, non verrà mai buono e saporito come quello che fanno nelle case e nei ristoranti del comune alto irpino.
Una volta, quando il paese era povero e i suoi abitanti non potevano permettersi la carne bovina, il ragù delle cannazze veniva tirato con la carne di pollo (“cannazze e kuta–kuta”, dove “kuta-kuta” è la locuzione onomatopeica che i calitrani utilizzavano per richiamare le galline). Oggi, l’ingrediente principale con il quale si prepara il sugo per le cannazze, è l’involtino di carne di vitello, ovvero la “vrasciola”. Anche la vrasciola è un simbolo nuziale, in quanto, essendo un involto di carne, rappresenta l’ abbraccio avvolgente che si fanno gli sposi convolando a nozze. Gli altri ingredienti del ragù calitrano, sono le passate di pomodoro locale, altri tagli di carne, le erbe aromatiche del territorio e una miscela appropriata di formaggi vaccini e pecorini.

Le cannazze vengono servite nelle “spasedde”, che sono quelle grosse zuppiere di ceramica bianca (che una volta si usavano anche a Napoli) dalle quali ogni commensale preleva la sua razione (abbondante) di pasta, facendo anche il bis o il tris, perché le cannazze vengono preparate e messe in tavola in quantitativi ridondanti.

Il vino che accompagna quasi sempre questo piatto calitrano, è l’Aglianico del Vulture, perché Calitri, pur essendo un comune dell’Irpinia, anzi dell’Alta Irpinia, gravita, in realtà, nel bacino del Vulture, dal quale attinge il nettare di Bacco e le acque minerali.
Tutti i ristoranti calitrani cucinano bene le cannazze, per cui una gita a Calitri, per degustare questo piatto tipico e rituale, vale senz’altro la pena di farla. Senza dimenticare le altre bellezze e la salubrità di questo territorio; ma queste saranno il tema di un altro articolo.

 

Pasquale Nusco