Cena Slow Food presso l’Hotel Royal Continental dedicata a Re San Marzano

Era denominato “l’Oro Rosso della Campania”. Fino agli anni ’80 fu la principale risorsa dell’ Agro Nocerino-Sarnese. I napoletani non conoscevano altro pomodoro che non fosse lui: il Re San Marzano.

I primi semi furono regalati, nel 1770, dal Viceré del Perù al Re di Napoli, che all’epoca era Carlo III° di Borbone.
Trovò le condizioni pedo-climatiche ideali nella vasta pianura che si estende tra i Monti Picentini, i Monti Lattari e il Vesuvio, dove i terreni sono argillosi e ricchi di sedimenti vulcanici. In origine, le sementi furono impiantate nel territorio del piccolo comune di San Marzano sul Sarno, per questo trasse il nome di Pomodoro di San Marzano.

Il frutto si presenta soffice, allungato, appuntito, con incavature sotto la punta apicale, ed è di forma cilindrica imperfetta, ma con sezione quadrata, di colore rosso acceso e di consistenza polposa e succosa. La buccia è delicata e facilmente asportabile a mano, dopo una leggera bollitura. Le bacche che si generano sulla pianta non sono tutte uguali: sono sempre diverse l’una dall’altra per dimensione e morfologia, anche se sono prodotte dalla stessa pianta. Inoltre, pure la maturazione si differenzia da un frutto all’altro della stessa pianta, per cui, i contadini che coltivano i Pomodori San Marzano Dop, praticano la raccolta cosiddetta “a scalare”: raccolgono, cioè, le bacche ad una ad una, aspettando che queste raggiungano, ognuna in tempi diversi, la maturazione (un po’ come si fa con le sorbe, le cui bacche vengono prelevate dal piennolo, sul quale le teniamo appese, man mano che maturano, in un lasso di tempo che va da ottobre a Natale).

Per tutti questi motivi, il Pomodoro San Marzano originale non si presta a un’agricoltura meccanizzata e a una trasformazione industrializzata. Per raccoglierlo e trattarlo c’è bisogno della mano umana, perciò era il re indiscusso delle conserve casalinghe; e per questo potrebbe diventare l’icona rappresentativa e significativa dello slogan “restiamo umani”, perché esso è irriducibile all’uso delle tecnologie più avanzate, e quindi alla sottomissione ad esse e agli smisurati profitti delle multinazionali.

Ma proprio perché il San Marzano richiede una raccolta e una manipolazione umana, la sua coltivazione, a partire dagli anni ’80, fu abbandonata col pretesto che un batterio lo avesse attaccato e falcidiato.
Non era vero! Il motivo reale era che, non essendo il San Marzano adatto a una agricoltura intensiva e meccanizzata e a un trasformazione e a una conservazione iper-industrializzate, i giganti dell’industria conserviera avevano bisogno di tipologie modificate, più resistenti e manipolabili del frutto originario, le quali potessero essere coltivate anche in terreni molto lontani dall’Agro Nocerino-Sarnese.

Per questo, i conservieri, oggi, utilizzano varietà ibride, dalla buccia dura e spessa, che hanno la possibilità essere coltivate in altre regioni o, addirittura, in altre nazioni, e che hanno rese alte e costi bassi di produzione, pur non avendo le qualità nutrizionali e organolettiche del San Marzano originale.

Perciò, per preservarne l’autenticità e la tipicità, nel 1996 al San Marzano fu riconosciuto il marchio Dop, con un articolato disciplinare ministeriale che spazia dalla coltivazione alla trasformazione e alla conservazione.
Successivamente, il Pomodoro San Marzano fu inserito anche nel Presidio Slow Food “Antichi Pomodori di Napoli”.

Con lo scopo di rimarcarne le peculiarità e la prelibatezza, e avvalendosi della appassionata collaborazione del management e delle cucine dell’Hotel Royal-Continental di Napoli, le Condotte Slow Food di Napoli e del Vesuvio hanno organizzato, nella serata del 4 ottobre u.s., una cena a base di Pomodoro San Marzano, che si è svolta in una delle accoglientissime sale del predetto albergo, il quale sta evidenziando una lodevolissima attenzione per i prodotti tipici di Napoli e della Campania. Nel corso dell’evento, si sono potuti degustare i piatti elaborati esclusivamente con il gustosissimo pomodoro campano da: Raimondo Cinque, chef di casa del Royal-Continental, Gian Marco Carli, chef del Ristorante Il Principe di Pompei, Fofò Ferriere, patron del Tallioo di San Giorgio a Cremano; in aggiunta, si sono potuti assaggiare gli squisiti dolci preparati, sempre con il concorso degli aromi e dei sapori del San Marzano, dai Maestri Pasticcieri dell’Hotel Royal-Continental. La cena è stata presentata e condotta da Maria Lionelli, infaticabile fiduciaria dello Slow Food Vesuvio, e da Rino Silvestro, fiduciario dello Slow Food di Napoli. La Dott.ssa Patrizia Spigno, agronoma ed espertissima di pomodori, non ha mancato di diffondere in sala le sue dotte e appassionate informazioni sul San Marzano; mentre il chief manager dell’Hotel Royal-Continental, Berardo Pomes, oltre a rilasciare i suoi saluti e a manifestare il suo entusiasmo per la serata, è intervenuto testimoniando con i suoi ricordi tutto l’ affetto che nutre per il Pomodoro San Marzano. Hanno preso la parola, infine, i rappresentanti di alcuni produttori, tra cui l’Azienda Agricola Vincenzo Egizio, la Cooperativa Eubiotica Eccellenze Nolane e l’Azienda Agricola Sodano. Nel corso della cena, sono stati serviti l’Asprinio e l’Aglianico della Tenuta Fontana di Carinaro (Ce).

 

Pasquale Nusco