Federico Righi e le sue foto sui viaggiatori della Cumana esposte a Pozzuoli

Pozzuoli: Sabato 30 marzo, per la rassegna ARTinGARAGE, curata da Gianni Biccari, all’Art Garage di Pozzuoli – Parco Bognar 21, adiacente alla stazione Metropolitana FS – si è inaugurata la mostra fotografica “I FLEGREI: a state of mind”, di Federico Righi. L’esposizione si protrarrà fino al 12 aprile e sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 22; il sabato dalle 10 alle 20; domenica chiusa.

Per l’occasione abbiamo intervistato l’autore.

Federico la tua mostra si intitola, “I FLEGREI: A STATE O THE MIND”, ossia “i flegrei: uno stato mentale”, cosa vuoi esattamente intendere con ciò?

Viaggio moltissimo nei treni della cumana che, soprattutto quelli vecchi, evocano dei pensieri che riportano all’epoca del grand tour. Riallacciandomi al discorso del grand tour ho immaginato i flegrei non come un popolo, ma come una condizione mentale che fosse la stessa di chiunque a quell’epoca venisse nei campi flegrei e restava affascinato respirandone l’aria, ammirandone i colori e i sapori, emozionalmente rapito dai sussulti della terra, come accadde a Goethe durante il suo viaggio in questi luoghi.

Quindi una condizione mentale inconscia…

Sì, ma che si riflette nei volti, negli sguardi delle persone. Secondo me il flegreo è una sorta di dio sceso in terra che, qualunque cosa gli accada, ha la forza di reagire, di combattere, di ricominciare.

I tuoi scatti sono rubati, o coordinati con i soggetti ritratti?

I miei scatti seguono la scia della street photography che, secondo me, è la vera fotografia, ossia immortalare l’istante. Non a caso Cartier Bresson diceva, “la fotografia è il momento decisivo”. Occhio, cuore e mente si devono trovare sulla stessa linea dell’obiettivo e devono scattare quel momento anziché un altro. Io credo di aver abituato il mio occhio a guardare i movimenti degli sguardi delle persone e aver raggiunto una condizione tale da percepire quando è l’istante in cui posso scattare per coglierne l’essenza da imprimere per sempre sulla foto.

Ti è mai capitato che qualcuno si sentisse infastidito dall’essere fotografato?

Una sola volta e, ascoltate le ragioni, ho accettato di cancellare la foto dalla memoria.

La tua passione nasce da ragazzino o è maturata nel tempo?

Il primo scatto l’ho fatto con la macchina di papà a cinque anni. A undici già sviluppavo le mie fotografie. Quindi ho abbandonato per poi riprendere da grande seguendo il mio maestro Augusto De Luca, fino a tagliarmi un mio spazio al punto da essere riconosciuto dalla comunità fotografica.

Vivi di fotografia?

No, sono un funzionario dello stato. La fotografia è un hobby, se così si può dire, che mi ha dato e mi sta dando tante soddisfazioni.

Questa è la tua prima mostra?

Come personale, sì. In passato ho partecipato a diverse collettive. Faccio anche installazioni, come ad esempio quella di Aversa contro la violenza sulle donne che ebbe un buon seguito.

Che cosa rappresenta per te la fotografia?

Un elemento che porta il ricordo. La fotografia cristallizza l’istante rendendolo eterno! E poi è uno strumento per la documentazione per cui ha tante sfaccettare che spaziano dal reportage, alla narrativa, alla storia.

Prossimi progetti?

Le foto qui esposte mi sono valse il PREMIO AUTORE REGIONE CAMPANIA e hanno determinato che il prossimo congresso FIAF, federazione italiana associazioni fotografiche, si svolgesse al MAN di Napoli. E poi ho in preparazione diversi cose che vedranno la luce nei prossimi anni.

In bocca al lupo

Crepi!

 

Vincenzo Giarritiello